NewsL’INAIL indennizza il mobbing. Riconosciuta come malattia professionale la depressione del lavoratore.

28 Luglio 2022

Nel corso di anni di vessazioni subite dal datore di lavoro, un uomo sviluppava un Disturbo di adattamento cronico con umore depresso e ansia da situazione lavorativa avversa. Agiva quindi in giudizio, dinanzi al Tribunale di del Lavoro di Teramo,  al fine di sentir accertare l’esistenza della malattia professionale denunciata e veder condannare l’INAIL al pagamento del relativo indennizzo.

In particolare, il lavoratore adduceva di essere stato vittima di mobbing e di aver riportato un pregiudizio di natura psico-fisica da qualificarsi come malattia professionale benché la sua patologia non presente nelle tabelle INAIL.

Cos’è il mobbing

 

È utile premettere che in punto di diritto il mobbing consiste nel susseguirsi di attacchi frequenti e duraturi e di soprusi da parte dei superiori gerarchici o di altri colleghi di lavoro che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica e hanno lo scopo di isolare il lavoratore, di danneggiarne la reputazione o la professionalità, di intaccare il suo equilibrio psichico, menomandone la capacità lavorativa e la fiducia in sé stesso, nonché di provocarne le dimissioni.

Ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro sono, pertanto, rilevanti:

  1. la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio;
  2. l’evento lesivo della salute o della personalità del dipendente;
  3. il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio all’integrità psico-fisica del lavoratore;
  4. la prova dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento persecutorio (cfr. Cass. 17 febbraio 2009, n. 3785).

 

Indennizzabili anche le malattie non tabellate

 

La Cassazione ha evidenziato che il mobbing costituisce un illecito, poiché integra una violazione da parte del datore di lavoro dell’obbligo di sicurezza stabilito dall’art. 2087 c.c. e che la circostanza che la malattia professionale denunciata dal lavoratore non rientri nelle tabelle, non è di ostacolo al riconoscimento del diritto a beneficiare dell’indennizzo INAIL.

Ai sensi dell’art. 10, comma 4, della L. 38/2000, infatti, ogni forma di tecnopatia che possa ritenersi conseguenza di attività lavorativa risulta assicurata all’INAIL, anche se non è compresa tra le malattie tabellate o tra i rischi tabellati, dovendo in tale caso il lavoratore dimostrare soltanto il nesso di causa tra la lavorazione patogena e la malattia.

 

Riconosciuto il diritto all’indennizzo

 

Nel caso di specie l’attività istruttoria compiuta in corso di causa (segnatamente le dichiarazioni testimoniali rese dai colleghi del lavoratore, le prove documentali allegate e la CTU) dimostravano la sussistenza del nesso causale tra la condotta mobbizzante tenuta dai superiori e l’insorgenza del Disturbo di adattamento cronico, con danno biologico accertato nella misura del 6-7%. Di talché il Tribunale di Teramo, sez. Lavoro, con sentenza n. 89/2022 ha dichiarato che il pregiudizio lamentato dal lavoratore è da qualificarsi come malattia professionale e ha condannato l’INAIL a versare al danneggiato l’indennizzo spettante al medesimo, oltre al rimborso delle spese di lite.

 

 

Studio Legale G.O.D. – Avvocati Lucca

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