Con la sentenza n. 24414 del 09.09.2021, la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha preso posizione sulla vexata quaestio del crocifisso nelle aule scolastiche, che avevamo anticipato qui: https://www.legalgod.it/il-crocifisso-davanti-alle…/
L’importanza di questa pronuncia è dovuta al fatto che è la prima volta che la più alta autorità giurisdizionale italiana viene investita di un problema su cui negli ultimi quindici anni si erano espressi in modo difforme altri organi giurisdizionali sia nazionali sia sovranazionali.
Il Consiglio di Stato e la CEDU
In particolare, il Consiglio di Stato, con la storica sentenza 13 febbraio 2006 n. 556, aveva stabilito che il crocifisso deve restare nelle aule in quanto “simbolo di valori civili”, ovvero di laicità passiva.
Il 3 novembre 2009 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo aveva stabilito in primo grado che il crocifisso nelle aule è “una violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni e del diritto degli alunni alla libertà di religione”, mentre in secondo grado aveva sostenuto che non sussistono elementi che provino l’eventuale influenza sugli alunni dell’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche trattandosi di un simbolo sostanzialmente passivo.
La sentenza delle Sezioni Unite: un’importante novità
In questo articolato contesto si inserisce la recentissima pronuncia delle Sezioni Unite.
Nelle 65 pagine della sentenza sono affermati importanti principi di diritto, frutto di evidenti pratiche compromissorie, che tentano di rispettare quel delicato equilibrio proprio di una società pluralista. Se da una parte i giudici hanno fatto proprio l’orientamento secondo il quale il Crocifisso è un simbolo sostanzialmente passivo e per la cultura italiana non ha soltanto un valore religioso, ma è altresì culturale ed è segno di valori civili trasversalmente condivisi (fratellanza, amore per il prossimo, tolleranza, non violenza), dall’altra parte è affermata un’importante novità.
In mancanza di una legge, l’esposizione o meno del crocifisso non può essere imposta dai pubblici poteri ma ogni decisione è rimessa alla comunità scolastica: “L’aula può accogliere – sono le parole delle Sezioni Unite – la presenza del crocifisso quando la comunità scolastica interessata valuti e decida in autonomia di esporlo, eventualmente accompagnandolo con i simboli di altre confessioni presenti nella classe e in ogni caso ricercando un ragionevole accomodamento tra eventuali posizioni difformi”.
Il crocifisso in aula non è discriminatorio
La funzione di insegnamento, secondo i giudici della Suprema Corte, deve essere contrassegnata dal contesto di comunità e dall’esistenza di una relazione dialogante tra le diverse posizioni.
La presenza del crocifisso in classe non costituisce causa di discriminazione del docente dissenziente per causa di religione poiché, scrivono i giudici: “l’affissione del crocifisso non ostacola il docente nell’esercizio di alcuna delle sue libertà, anche quella di criticare davanti alla classe, in forme legittime e rispettose della altrui coscienza morale, il significato e la stessa presenza del simbolo”.
Pertanto, il docente “non ha un potere di veto o di interdizione assoluta rispetto all’affissione del crocifisso, ma deve essere ricercata, da parte della scuola, una soluzione che tenga conto del suo punto di vista e che rispetti la sua libertà negativa di religione.“.
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