È attesa a giorni la pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione sulla presenza del crocifisso nelle aule scolastiche.
La vicenda
La vicenda ha origine nella condotta di un insegnante laico che nel 2009 aveva sistematicamente rimosso il crocifisso prima di iniziare la lezione, sostenendo che tale simbolo violasse il principio di laicità dello Stato, nonché la libertà d’insegnamento e di coscienza in materia religiosa; tutto ciò sebbene l’assemblea scolastica degli studenti si fosse espressa a maggioranza in senso favorevole alla presenza in aula del crocifisso.
Ne è scaturita una controversia culminata nella sospensione dell’insegnante e si è così passati dalle aule di scuola a quelle dei tribunali.
La Corte d’Appello
Nel 2014 la questione è stata portata all’attenzione della Corte d’Appello che ha respinto il ricorso dell’insegnante evidenziando che “l’esposizione del crocifisso non è lesiva di diritti inviolabili della persona né è, di per sé sola, fonte di discriminazione tra individui di fede cristiana e soggetti appartenenti ad altre confessioni religiose”.
Rifacendosi ai principi espressi dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con la sentenza 18 marzo 2011, i giudici d’appello hanno affermato che “il simbolo è essenzialmente passivo e la sua esposizione nel luogo di lavoro, così come è stata ritenuta non idonea ad influenzare la psiche degli allievi, a maggior ragione non è sufficiente a condizionare e comprimere la libertà di soggetti adulti e ad ostacolare l’esercizio della funzione docente”.
È stato inoltre fatto presente che “il dirigente scolastico aveva imposto agli insegnanti solo di tollerare l’affissione del crocifisso nell’aula, non certo di prestare ossequio ai valori della religione cristiana e di partecipare a cerimonie con funzioni di carattere religioso”.
La Cassazione rinvia alle Sezioni Unite
La controversia è infine approdata in Cassazione ove, i giudici della sezione lavoro, con l’ordinanza n. 19618/2020, hanno rimesso la risoluzione del quesito alle Sezioni Unite ritenendo che le tematiche sollevate dall’insegnante nel suo ricorso siano “di particolare importanza”, in ragione “dei diritti che vengono in rilievo”, e richiedano un attento bilanciamento tra gli interessi in gioco: la libertà di insegnamento intesa come autonomia didattica e libera espressione culturale del docente e il rispetto della coscienza civile e morale degli alunni che, a maggioranza, avevano espresso la volontà che il crocifisso resti esposto.
In particolare i giudici della Cassazione si sono chiesti “se, a fronte della volontà manifestata dalla maggioranza degli alunni e dell’opposta esigenza resa esplicita dal docente, l’esposizione del simbolo fosse comunque necessaria o se non si potesse realizzare una mediazione fra le libertà in conflitto, consentendo, in nome del pluralismo, proprio quella condotta di rimozione momentanea del simbolo della cui legittimità qui si discute, posta in essere dal ricorrente sull’assunto che la stessa costituisse un legittimo esercizio del potere di autotutela”.
Quando si tratta dell’esposizione di simboli religiosi, infatti, secondo i giudici non si può semplicemente valorizzare la volontà espressa dalla maggioranza degli alunni, dei genitori e del personale docente, per quanto in questo senso si ritrovino precedenti nella giurisprudenza amministrativa (TAR Brescia n. 603/2006) e in altri stati europei (Legge Bavarese 23 dicembre 1995, art. 7).
Il principio maggioritario difatti qui si pone in contrasto con altri fondamentali principi, affermati dalla Corte Costituzionale, secondo cui “in materia di religione nessun rilievo può essere attribuito al criterio quantitativo, perché si impone la “pari protezione della coscienza di ciascuna persona che si riconosce in una fede, quale che sia la confessione religiosa di appartenenza” (Corte Cost. n. 440/1995 richiamata da Corte Cost. n. 329/1997), con la conseguenza che il conflitto fra la volontà espressa dagli alunni e quella del docente che nel simbolo non si riconosce, andrebbe risolto valorizzando il principio della laicità dello Stato”.
Inoltre, i giudici della Cassazione hanno evidenziato che l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche non è imposta da disposizioni di legge ma solo da regolamenti, risalenti nel tempo, applicabili alle scuole medie inferiori, per le quali il R.D. n. 965 del 1924, art. 118 prevedeva che “ogni istituto ha la bandiera nazionale; ogni aula, l’immagine del Crocifisso e il ritratto del Re“, ed alle scuole elementari.
D’altro canto, nell’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite, i giudici della Cassazione hanno altresì fatto presente che il crocifisso non ha solo un valore religioso ma anche culturale e educativo. Al di là del significato religioso che assume per i credenti, il crocifisso, secondo i giudici del Consiglio di Stato, “rappresenta il simbolo della civiltà e della cultura cristiana nella sua radice storica, come valore universale, indipendente da specifica confessione religiosa” (Cons. Stato 1998).
In questo scenario, particolarmente complesso, le Sezioni Unite della Cassazione sono ora chiamate ad esprimere un principio di diritto, così da stabilire se il crocifisso potrà continuare ad essere esposto nelle nostre aule scolastiche.
Quale che sia la decisione della Suprema Corte siamo certi che farà discutere.
Studio Legale G.O.D. – Avvocati Lucca