Dina Isaakovna Kaminskaya nasce nel 1919 ad Ekaterinoslav, città dell’Ucraina orientale, oggi nota con il nome di Dnipro. I suoi genitori Isaac Efimovich e Olga Karlovna, di origine ebraica, provengono da famiglie povere di provincia e, secondo quanto affermato dalla figlia, sono “persone di alta spiritualità e di impeccabile decenza“.
La scelta della professione forense
Sull’esempio del padre e della sorella, entrambi avvocati, nel 1937 Dina si iscrive all’Istituto di diritto di Mosca e lo frequenta con successo ottenendo, a sua volta, il titolo di avvocato.
Riguardo a questa scelta nelle sue memorie scriverà: “Sono grata che poi, in gioventù, probabilmente una specie di sesto senso mi abbia aiutata a trovare questo lavoro, per me così necessario. Un lavoro che mi ha permesso di proteggere le persone dal potere crudele e spesso illegale dello stato sovietico”
All’epoca in cui Dina Kaminskaya inizia ad esercitare la sua professione, l’Ucraina fa parte dell’Unione Sovietica e il suo giudizio sul regime totalitario e sul sistema giudiziario vigente è tranchant: “Vedo la ragione principale dell’insufficiente efficacia degli avvocati nei vizi della stessa giustizia sovietica. E soprattutto, nella dipendenza dei giudici stessi dalle autorità, nel loro dovere di amministrare la giustizia nei procedimenti penali secondo la direzione della politica punitiva che è stata determinata dalle autorità (di partito o di stato). Inoltre, nel sistema dei procedimenti legali che ha visto assegnare al potere accusatore una posizione privilegiata“.
Il desiderio di provocare un cambiamento nel modo di esercitare la giustizia nell’Unione Sovietica ed ottenere che sia assicurato un giusto bilanciamento tra accusa e difesa la portano ad ergersi in difesa dei dissidenti politici, contro i quali il Partito Comunista al potere pone in essere una vera e propria persecuzione.
In difesa del dissidente Vladimir Bukovsky – il primo processo politico
Il primo importante processo dell’Avv. Kaminskaya è quello in difesa dello scrittore e dissidente del regime sovietico Vladimir Konstantinovic Bukovsky, arrestato nel corso della manifestazione del 22 gennaio 1967 indetta a supporto dell’attivista dei diritti umani Alexander Ginsburg.
La difesa di Bukovsky era una questione complicata.
Si tratta di un oppositore del regime che non nasconde le sue convinzioni e, anche dopo l’arresto, non è disposto a ritrattare in cambio di una punizione leggera, al punto che durante l’interrogatorio del 5 maggio 1967 dichiara con coraggio: “Non nascondo le mie convinzioni politiche e sono abituato a parlarne apertamente. Le mie convinzioni politiche come oppositore del comunismo hanno preso forma nel 1960 e non sono quasi cambiate da allora. Mi oppongo al ruolo di monopolio del Partito Comunista nell’esercizio delle libertà democratiche. Credo che uno Stato democratico e legale lo sarà solo quando darà ai cittadini libertà democratiche. Non cambierò le mie convinzioni né ritratterò.”
Ricordando quel processo Dina Kaminskaya nelle sue memorie scrive: “Probabilmente mai , prima della difesa di Vladimir, ho sentito un desiderio così appassionato di aiutare una persona, un desiderio unito alla comprensione di avere un muro davanti a me, che non posso sfondare né con il ragionamento logico né con riferimenti alla legge“. Il regime sovietico si presenta come un muro sordo alle rivendicazioni dei più fondamentali diritti dell’uomo avanzate dai legali dei dissidenti politici e impossibile da sfondare mediante gli strumenti del diritto, armi spuntate in uno stato dove hanno preso il sopravvento la corruzione e l’illegalità.
A partire da questo processo e, ancor più in quelli che seguono, l’Avv. Kaminskaya si rende conto che neanche gli avvocati più abili e talentuosi riescono a liberare i dissidenti politici dalla morsa di un processo che segue logiche chiaramente punitive.
Infatti, malgrado gli sforzi di Dina e la sua grande preparazione, Vladimir Bukovsky è condannato alla pena massima. Stessa cosa accade per i nuovi politici che l’Avv. Kaminskaya si trova a dover difendere: Yuri Galanskov (1967), Anatoly Marchenko (1968), Larisa Bogoraz e Pavel Litvinov (1968). Per quanto l’avvocato faccia l’impossibile per alleviare la difficile situazione dei suoi clienti il verdetto è immancabilmente lo stesso: colpevole.
In difesa dei tartari della Crimea
L’attività difensiva dell’Avv. Kaminskaya, già invisa al regime sovietico, diviene ancora più osteggiata quando Dina inizia ad interessarsi della difficile situazione dei tartari in Crimea.
Decisa a garantire la tutela di queste persone nei quali vede i nuovi oppressi del regime sovietico, inizia a difendere Dzhemilev e Gabai, due tartari accusati di aver preparato e distribuito una serie di documenti calunniosi: informazioni, lettere aperte e appelli relativi al destino e alla situazione attuale del popolo tartaro di Crimea. Entrambi non negano di essere coautori di quasi tutti questi documenti, ma affermano che i fatti in essi riportati corrispondono alla realtà e si dichiarano non colpevoli.
Questa volta, all’esito di un processo lungo, difficoltoso e assolutamente iniquo, non solo il Giudice pronuncia la condanna degli imputati ma, addirittura, emana una sentenza privata nei confronti dell’Avv. Kaminskaya , disponendone l’esclusione dall’albo.
La fuga dalla Russia e l’esilio forzato negli Stati Uniti
Disposta la sua radiazione dall’albo degli avvocati Dina Kaminskaya non si dà per vinta.
Non può più difendere i dissidenti politici e i tartari in tribunale, ma si impegna a continuare l’attività di consulenza ed a prestare loro l’assistenza di cui hanno bisogno, sfruttando anche i contatti che sia lei che il marito hanno con i corrispondenti esteri.
Venute a conoscenza di ciò le autorità di regime, già estremamente negative su tali contatti non ufficiali tra il popolo sovietico e i corrispondenti esteri, mettono in atto ogni strategia intimidatoria per far cessare all’Avv. Kaminskaya la propria attività. Nel 1977 Dina Kaminskaya e il marito, Konstantin Simis, sono addirittura interrogati dal KGB, minacciati di arresto, e alla fine costretti a emigrare negli Stati Uniti.
Note di un avvocato e Radio libertà
Una volta in esilio, Dina non dimentica il suo ruolo di avvocato e, determinata a smuovere le coscienze su quanto accade nell’Unione Sovietica, scrive il libro Note di un avvocato, nel quale dedica molte pagine a riflessioni sulla difficoltà di svolgere il suo lavoro in uno stato totalitario. Questi “appunti” contengono un’esperienza di inestimabile valore e, oggi, costituiscono un punto di riferimento, per l’odierna generazione di avvocati, molti dei quali stanno attraversando lo stesso difficile percorso nei propri paesi.
Dina Kaminskaya ha continuato inoltre le sue attività per la difesa dei diritti umani: divenendo membro del Moscow Helsinki Group, trasmessa su Radio Svoboda e Voice of America.
Insieme al marito Konstantin Simis, ha inoltre dato vita un programma radio dove tra il 1978-2005 ha trasmesso più di 800 episodi che trattano il tema dei diritti civili e politici dei russi e della libertà di espressione.
Studio Legale G.O.D. – Avvocati Lucca