I dati
Le statistiche sono agghiaccianti.
Solo nel 2020 gli infortuni sul lavoro con esito mortale denunciati all’Inail sono stati 1270. Un incremento del 16,6% rispetto all’anno precedente, dovuto non solo alla grave violazione di norme antinfortunistiche riportate dai più recenti fatti di cronaca, ma soprattutto alla pandemia. Si, perché anche il contagio da Covid-19 sul lavoro dà diritto al riconoscimento dell’infortunio da parte dell’Inail (come previsto dall’art. 42, comma 2, del D.L. “Cura Italia” n. 18/2020).
Le cause e la normativa antinfortunistica
Le cause principali di questo triste fenomeno si trovano spesso nelle inadempienze delle imprese, la mancanza di controlli, una scarsa cultura della prevenzione, l’assenza o la manomissione di dispositivi di sicurezza, tutti profili che ben possono fondare una responsabilità datoriale.
Invero, ai sensi dell’art. 2087 del Codice civile il datore di lavoro ha l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie per tutelare l’integrità psicofisica dei propri dipendenti e prevenire i rischi professionali, sia quelli insiti nell’ambiente di lavoro, sia quelli derivanti da fattori esterni ma connessi all’attività lavorativa svolta (pensiamo alla guardia giurata che riporta le lesioni da aggressione durante in tentativo di rapina).
Un ruolo centrale è svolto, inoltre, dal Testo Unico sulla salute e la sicurezza sul lavoro (D. Lgs. 81/2018) che disciplina l’individuazione dei soggetti responsabili e la descrizione delle misure gestionali e degli adeguamenti tecnici che il datore di lavoro è tenuto a seguire per essere in regola nella prevenzione degli infortuni e nella tutela dell’integrità psicofisica dei dipendenti negli ambienti di lavoro.
I protocolli anti-Covid
Accanto a tali disposizioni è evidente la necessità che il datore di lavoro assicuri una rigorosa applicazione anche delle ulteriori e distinte norme antinfortunistiche vigenti nonché, allo stato, dei protocolli anti-Covid che impongono l’adozione di specifici devices (mascherine, guanti, tute), volti a ridurre, per quanto possibile, il rischio contagio.
La responsabilità del datore di lavoro
La violazione di tali norme, con conseguente verificarsi di un pregiudizio per il lavoratore, ben può quindi portare al riconoscimento di una responsabilità civile e penale del datore di lavoro e, nel caso di infortunio mortale, al risarcimento del danno per i congiunti del medesimo. Inoltre, laddove il datore di lavoro sia una Società potrebbe persino configurarsi una responsabilità amministrativa, ad esempio ex art. 25 septies D.L. 231/ 2001: “Omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro“.
Ad ogni modo, vista la delicatezza della materia, al fine di accertare la corretta applicazione delle norme antinfortunistiche o la sussistenza di profili di responsabilità datoriale non si può prescindere dalla sottoposizione del caso concreto all’attenzione di un professionista.
Studio Legale G.O.D. – Avvocati Lucca